
Oggi mi sveglio nel letto di mia madre. Ma stavolta è diverso.
L’ultima volta che me ne andai avevo un magone allo stomaco.
Oggi no.
Oggi mi sento serena.
Nonostante i problemi che verranno, so di aver agito secondo coscienza. Secondo il mio essere.
Consiglio davvero a chiunque la preghiera e la meditazione — ma non quella generica: quella che si rivolge a Dio.
Come una cellula chiede nutrimento al corpo, io chiedevo sostegno a Lui.
Gli chiedevo di aiutarmi a non farmi influenzare dai pareri degli altri. A non cedere al senso di colpa.
Una colpa che tanti si portano addosso come un sacco pieno di macigni.
O come rimpianti, che spesso pesano anche di più.
Io non voglio più portare quel peso con me.
Stranamente, oggi i pensieri non mi soffocano.
I sentimenti degli altri non mi appartengono, e non me ne porterò dietro il peso.
Sapevo che, presto, mi sarei dovuta guardare allo specchio e chiedermi:
“Che vuoi fare? Vuoi rispondere ai pareri di chi ha standard più bassi dei tuoi? Bisogni e interessi completamente diversi dai tuoi?
Tanto non ti capiranno comunque, lo sai.
Allora, come vuoi comportarti?
Vuoi dirgli ciò che negano a se stessi?
Vuoi distruggerli… o vuoi elevarti?”
Rinuncio al bisogno di essere accettata. Rinuncio alla paura di essere odiata.
I traumi che mi porto dietro non condizioneranno più le mie scelte.
Ora mi godo la pace che solo una decisione giusta può dare.
Una pace che, a parole, suona così:
“Finalmente giù. Finalmente.”
“Ora sta per cambiare tutto.”
Sono speranzosa. Di un futuro più limpido.
Speranzosa che i più pezzenti, finalmente, tacciano.
Speranzosa che l'amore che Dio ha per me arrivi e mi travolga come un'onda,
e che l’abbondanza si moltiplichi tra le nostre braccia.
A volte mi sentivo come Giobbe, nella Bibbia:
mi è stato tolto tutto, e io ho rinunciato a tutto.
Magari è arrivato il momento di moltiplicare ciò che ho perso.
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